Domenica 21-11-2021 – XXXIV Tempo Ordinario- Settimanale AMCOR
con questa domenica 21-11-21 si conclude l’anno liturgico e domenica prossima, prima di Avvento, inizia l’anno C.
Questa domenica si celebra la festa di ‘Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo’. Questa memoria liturgica fu istituita nel 1925 da Papa Pio XI. Essa ebbe il significato storico di dichiarare Cristo Re non solo dell’umanità, ma dell’intero universo. Fu un modo per opporsi alle visioni filosofiche e alle ideologie che allora pretendevano (anche oggi in vari modi c’è chi lo pretende) di essere assolute dominatrici dell’uomo e della storia, ponendosi a unici giudici di se stesse. La regalità universale di Cristo doveva porsi come limite alla presunzione dell’uomo. Una regalità che non è di questo mondo e che esige un cammino per essere compresa.
Anche il testo di apocalittica giudaica, attribuito a questo personaggio di nome Daniele, fu scritto in un’epoca drammatica per i giudei quella cioè delle persecuzioni di Antioco IV Epifàne (164 a.C.). Anche in questo caso viene presentato “un potere eterno” che rappresenta un argine per le pretese degli uomini.
Così pure il testo dell’Apocalisse di San Giovanni di questa domenica, riprende per Gesù il titolo di “sovrano dei re della terra….. Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!” E’ di nuovo riaffermato un limite a ogni pretesa assolutistica dell’uomo.
Don Giuseppe ci spiega il significato profondo di questa festa di “Cristo Re” facendoci cogliere il valore teologico di “un titolo che sembra roboante e che si spiega per un motivo semplice: il mistero è così grande (e bello!) e noi siamo tanto poveri di conoscenza che è ben difficile trovare un titolo che riassuma l’immensa ricchezza e bontà di quanto il Signore ci ha rivelato e donato (di sé stesso e poi di noi)”.
Vorrei affidarVi due riflessioni che partono dal testo di Giovanni delle letture di oggi:
- Pilato interroga Gesù e gli chiede. “ ‘Dunque tu sei re?’. Rispose Gesù: ‘Tu lo dici: io sono re.’ “ (Gv 18,37). Circa la risposta di Gesù, letteralmente il testo greco dice: “Tu dici che re sono.” (“Sù légeis òti basileùs eìmi”). Letteralmente è come se Gesù dicesse a Pilato che questa affermazione (della regalità di Gesù) è solo una opinione di Pilato stesso(‘Tu dici….’). Certamente, infatti, la regalità a cui pensa Pilato non è quella di Gesù che aveva appena affermato: “Il mio regno non è di questo mondo.”
- In conclusione al testo di Giovanni, riportato nelle letture, Gesù dice: “Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce.” Mi ha colpito l’affermazione di Gesù che dice “Chi è dalla verità” e non “Chi ha la verità”. Mi pare di cogliere questo significato: la “verità” non è qualche cosa che si possiede una volta per tutte e da opporre agli altri, ma la verità è un cammino, si è nella verità che è Gesù: via, verità e vita.
Quanta ricchezza di significati, a leggere e rileggere la Parola di Dio, è come uno scrigno senza fondo che non ci si stanca di esplorare.
In questo contesto il Salmo si presenta come un inno al Dio creatore e salvatore di Israele. Il canto dell’uomo è in sintonia con il canto del mondo. L’Eucaristia ci fa sperimentare il ruolo salvifico di Dio, la sua incarnazione, la vita che ci dona.
“Il Signore regna, si riveste di maestà: /
si riveste il Signore, si cinge di forza. /
E’ stabile il mondo, non potrà vacillare. /
Stabile è il tuo trono da sempre, /
dall’eternità tu sei. /
Davvero degni di fede i tuoi insegnamenti ! /
La santità si addice alla tua casa /
per la durata dei giorni, Signore. “ (Sal 93/92, 1ab; 1c-2; 5)
Consapevoli delle difficoltà, talora drammatiche del nostro tempo presente, confidiamo nel Signore perché non dimentichi la disperazione di chi lo invoca e innalziamo una preghiera di lode perché ci accolga nel suo mistero e di ringraziamento per i suoi insegnamenti.
Con Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella e tutto il Consiglio Vi invio un grande abbraccio.
Contardo Codegone
XXXIV domenica t.o. – B
(21 – 11 – 21)
N. S. Gesù Cristo Re dell’universo
L’anno liturgico si conclude con la grandissima festa di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo. Il nome è un po’ lungo e noi lo abbreviamo sempre “Cristo Re”, un titolo che sembra roboante e che si spiega per un motivo semplice: il mistero è così grande (e bello!) e noi siamo tanto poveri di conoscenza che è ben difficile trovare un titolo che riassuma l’immensa ricchezza e bontà di quanto il Signore ci ha rivelato e donato (di sé stesso e poi di noi). Una volta il re era la persona più importante di una società e anche nella Bibbia i re erano per eccellenza i più potenti tra gli uomini. Anche quando si volle condannare Gesù, si usò l’accusa che egli volesse essere re. Senza volerlo, si diceva un’importantissima verità, di cui però non si conosceva il significato. La festa di oggi vuole servirsi di questo titolo per riassumere in una parola quanto si può cercare di dire sul mistero di Gesù, dalla sua tenera vicinanza alla condizione di tutte le creature umane fino alla più eccelsa perfezione della sua divinità, seguendo le espressioni della Bibbia.
Letture bibliche – Dn 7, 13-14; Ap 1, 5-8; Gv 18, 33b-37.
L’Antico Testamento conosce molti re, persone umane che avevano raggiunto quel potere. Oltre alle persone storiche con potere di re viene presentata anche una figura misteriosa, appartenente al mondo divino. Ne parla il profeta Daniele, in una visione che descrive un personaggio misterioso, al mondo divino ma “simile a un figlio d’uomo” e detentore di “potere, gloria e regno”, servito da “tutti i popoli, nazioni e lingue”, e il suo regno “non sarà mai distrutto”. Bisognerà attendere Gesù, per sentire riprendere questo titolo, che egli applica a sé stesso. Nella lettura tratta dall’Apocalisse Gesù viene chiamato “il sovrano dei re della terra”. Egli ha fatto anche di noi “un regno, sacerdoti per il suo Dio”, mentre di sé stesso dice: “Io sono l’alfa e l’omega, colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!”. Del suo potere e dignità egli fa uso a nostro vantaggio: “ci ha liberato dai nostri peccati con il suo sangue”.
Ma è nella lettura evangelica, assunta da Giovanni, che ci viene incontro questo titolo, riconosciuto a Gesù proprio nel momento più tragico della sua esperienza terrena. Pilato, la massima autorità romana, che ha potere di vita o di morte nel processo, vuole verificare l’accusa più grave che gli viene rivolta: “Sei tu il re dei giudei?” Dopo uno scambio attentissimo e tribolato viene l’affermazione di Gesù: “Tu lo dici: io sono re”. Ma ora, nel momento più drammatico, la funzione della regalità è espressa in una formula inattesa: “Per questo io sono nato…: per dare testimonianza alla verità”. Re dunque al servizio della verità, per la salvezza del mondo.
Tu lo dici: io sono re.
E’ difficile penetrare l’intenzione di Gesù applicando a sé quel titolo. E’ affermata certamente la caratteristica della divinità di Gesù, ma – mi pare – nell’atteggiamento del dono: è il re che si dona totalmente a favore del suo popolo, il principe della pace, la verità incarnata per guidare il suo popolo. E il momento in cui vengono pronunciate queste parole è la dimostrazione più convincente dell’attendibilità di queste parole. Gesù è il realizzatore del dono più autentico e completo, il re della vita e della verità.
La regalità di Gesù è eterna, come la sua partecipazione piena al mistero della Trinità. Da questa regalità è sgorgato il mistero della creazione, della vicenda umana, della partecipazione della creatura umana alla condizione della divinità. L’esercizio della divinità da parte della creatura umana è frutto dell’autodonazione regale di colui che è Figlio del Padre e fratello nostro.
Alla chiusura di questo anno liturgico possiamo concederci la gioia dell’abbandono più completo a questo re, che è pastore attento e affettuoso, guida sapiente e prudente. Egli ci ha dato tutto quanto abbiamo e tutto diventa nostro nella misura in cui lo usiamo totalmente nell’ubbidienza a lui. E’ l’augurio fraterno che ci rivolgiamo, consapevoli della nostra ricchissima povertà. Voglia Egli benedirvi come vi benedice il
Vostro Don Giuseppe Ghiberti